Dietro le quinte del palcoscenico del doppiaggio esiste una figura professionale silenziosa ma fondamentale: il traduttore audiovisivo.
Quello della traduzione è un mondo magico. Un viaggio di cui godersi ogni momento. Come infatti dice Amara Lakhous, che mi piace sempre citare, “la traduzione è un viaggio per mare da una riva all’altra. Qualche volta mi considero un contrabbandiere: attraverso le frontiere della lingua con un bottino di parole, idee, immagini e metafore.” Cosa significa tradurre? In cosa consiste il mestiere del traduttore audiovisivo?
Le professioni legate al mondo della traduzione sono molteplici, ognuna delle quali ha le sue specificità tecniche e non. Nel mondo della localizzazione audiovisiva, il traduttore è la prima persona a vedere il video e a toccare con mano la sceneggiatura di un prodotto, che può essere, tra le tante cose, un documentario, un reality-show, una serie tv, un film, un cartone animato.
Oltre a questo imparagonabile privilegio, il traduttore ha l’arduo compito di leggere e comprendere un testo in una lingua e una cultura diversa dalla propria e di trasformarlo in un copione che finirà sul leggio di una sala di doppiaggio.
La traduzione dei prodotti audiovisivi ha visto una grandissima evoluzione nel corso degli ultimi vent’anni. In una società sempre più globalizzata, in cui la gran parte delle persone conosce almeno un’altra lingua oltre alla propria, non c’è più la ricerca di ossessiva di “addomesticare” il testo straniero. Negli ultimi anni infatti lo script è diventato infatti una specie di testo sacro inviolabile, che nella traduzione non può né deve essere trasformato a proprio piacimento.
Tutti quei riferimenti o termini che in passato venivano eliminati per non creare un senso di straniamento, avendo come unico obiettivo quello di intrattenere, oggi vengono mantenuti a discapito di una comprensione immediata. Il pubblico non viene più coccolato, gli viene anzi richiesto di fare uno sforzo che consiste nell’assaporare un prodotto, farsi domande, trovarsi autonomamente delle risposte, quindi arricchirsi.
Per questo per il traduttore è fondamentale avere una profonda conoscenza della lingua e della cultura di partenza, arricchita da esperienze personali in ambito linguistico e da, certamente, un bagaglio accademico importante. È importante studiare, è importante costruire delle fondamenta che solo un corso degno di credibilità può dare, e avere poi la possibilità di vedere dal vivo che cosa significa fare questo mestiere frequentando quei luoghi magici e oscuri tanto anelati: le sale di doppiaggio. Non ci si improvvisa traduttori audiovisivi. Si nasce e si studia per diventare eccellenti.
Un’altra qualità imprescindibile di un traduttore è la padronanza della lingua madre. Il traduttore, dopo aver riconosciuto il significato del testo, dev’essere perfettamente in grado di scriverlo in italiano avendo come obiettivo quello di non dare la sensazione di avere a che fare con un testo tradotto. Si intende quella tipica sensazione di stranezza e dubbio che è tipica di una situazione in cui non si è colto il significato originale o non si è stati in grado di esprimere la sua sfumatura nella nostra lingua.
Oltre a tutto ciò, è fondamentale che il traduttore audiovisivo abbia una piena consapevolezza delle specificità tecniche.
Il copione per la sala di doppiaggio non dev’essere soltanto tradotto, ma deve anche indicare le pause, ossia quando l’interlocutore/attore (e quindi il doppiatore) deve fermarsi, ed essere fedele per quanto riguarda le lunghezze. Una frase di tre parole non può di certo essere trasformata in una frase di dieci.
Ovviamente, tutte queste caratteristiche tecniche verranno poi raffinate dall’adattatore, che, partendo dalla traduzione, elaborerà un copione per la sala che abbia anche un’attenta ricerca della fedeltà dei labiali. Quell’elemento che, quando guardiamo un prodotto doppiato, ci dà la sensazione che a parlare sia proprio l’attore stesso in video e non una persona esterna.
La traduzione è un’arte e in quanto tale deve essere accompagnata da una spropositata dose di amore, passione e “ossessione”. È un mestiere tutt’altro che banale. Ed è un privilegio poterlo fare.